Spazi di prossimità

di Anna Moro, Roberto Manuelli, Gianfranco Orsenigo

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Il progetto di trasformazione del territorio contemporaneo ci porta sempre più spesso a confrontarci con condizioni di risorse scarse e di spazi da preservare a fronte dell’elevata compromissione del patrimonio territoriale. Ciò accade in particolare in contesti localizzati “al margine”, debolmente urbanizzati e che si caratterizzano per una forte contrazione degli investimenti legati ai processi di trasformazione. Proprio in queste circostanze sembra affermarsi con nuovi toni la centralità del ruolo dello spazio pubblico: questo rappresenta non solo l’ossatura e la materia irrinunciabile del disegno del progetto della città, ma anche l’elemento attorno al quale costruire politiche e progetti di trasformazione condivise tra i soggetti pubblici e privati, tra istituzioni e cittadini. Il testo sviluppa una riflessione attraverso il progetto dello spazio pubblico, in particolare legato alla riconversione di aree produttive obsolete o di ambiti marginali. Si articola in una trattazione dei temi generali sollevati entro un panorama di riferimenti più ampio per poi descrivere, con un racconto per parole chiave, diverse spazialità immaginate, a partire da tre progetti specifici.

 

Territori della frangia, vuoti urbani e occasioni di progetto

Molti contesti attuali di trasformazione che interessano comparti produttivi obsoleti e parti di città marginali, spesso affacciate su brani di campagna urbana, offrono la possibilità di trattare il tema dell’ibridazione, dell’incontro e della convivenza tra funzioni e usi, generando spazialità inattese, per scala, carattere e statuto. I territori indagati sono parti di città scariche, marginali, spesso soggette a dismissioni puntuali. La presenza di aree in attesa da un lato aumenta la frammentazione dei territori e il grado di incertezza del destino generale di brani di città (Lanzani, 2003), dall’altro costituisce una occasione per accogliere, senza particolari difficoltà, una trasformazione che genera nuovi carichi di presenze ed usi. Generalmente infatti tali vuoti urbani si collocano proprio in prossimità di spazi aperti che appartengono a sistemi ecologici e/o linee infrastrutturali di scala territoriale, e la risorsa spazio aperto (agricolo o naturale) è centrale nella loro riconfigurazione. Questo perché, se si pensa ad esempio alle aree produttive, il loro collocamento eredita, nei diversi cicli urbani, una immediata relazione con la rete ferroviaria, con la risorsa idrica e, più recentemente, con la rete stradale ad alto scorrimento, distante dalle aree centrali.

Scorrendo alcuni casi di trasformazioni recenti si possono evincere alcune condizioni ricorrenti nel panorama della riconversione di parti di città, specie produttive. Un caso in cui un’area posta ai margini del centro urbano subisce una condizione di sottoutilizzo e dismissione molecolare è il Villaggio ovest di Modena, uno dei ‘quartieri artigianali attrezzati’ nati a partire dalla fine degli anni ‘50. Il progetto realizzato mette in campo forme nuove e sperimentali di mix funzionale (case atelier, nuove case-bottega, condivisione di servizi e spazi, ecc.), costruisce nuove centralità mettendo a sistema processi disomogenei/disarticolati di sostituzione spontanea delle attività produttive in atto, coglie infine le opportunità offerte dalla dismissione della linea ferroviaria per ripensare intere parti di città.

Ai progetti di trasformazione è spesso richiesto oggi di ottimizzare sforzi e investimenti e risorse presenti nel contesto al fine di ottenere una maggiore eco. Caso emblematico è la trasformazione dell’area industriale di Padova ovest (ZIP) ed in particolare del progetto di ampliamento verso il canale Roncajette. Qui il tema del trattamento delle acque è centrale sia nell’ottica della realizzazione di un’area industriale prestante e sostenibile, sia nella direzione della definizione di spazi qualità dentro all’area e di un parco fruibile lungo il canale.

La ricerca di una maggior qualità dello spazio collettivo a partire dal trattamento di problemi tecnico-pratici che ottimizzino le risorse è ricorrente in casi italiani di scala più contenuta (ad esempio l’ex Gilera di Arcore) e in realtà che si estendono lungo sistemi territoriali di scala vasta (si pensi ai sistemi vallivi oggetto di industrializzazione di inizio ‘900 oggi oggetto di riflessione nei piani di scala sovralocale) ma è soprattutto in Europa che progetti di questa natura sono già in modo abbastanza diffuso in atto (alcuni riferimenti sono il Parklandschaft Zentrum di Zurich North e il parco industriale di Vreten in Svezia).

Tre occasioni di sperimentazione

Tre sono le occasioni di progettazione in Italia ed in Europa elaborate dal nostro gruppo di lavoro tra il 2009 e il 2012 selezionate per costruire la riflessione qui esposta. Si tratta di progetti che declinano lo spazio dell’abitare e della riconversione dei comparti produttivi, individuando per ciascuno di essi un dispositivo spaziale che è al contempo elemento caratterizzante del paesaggio e strumento di governo del processo di trasformazione.

– Turku, Finlandia. Europan 11, 2009.

L’area di progetto si colloca in un ambito residenziale a bassa densità, fortemente integrato con il paesaggio circostante. L’area, ad oggi inedificata, è parte si un ampio sistema di spazi aperti boscati ed al contempo si trova in prossimità della rete infrastrutturale principale ed a spazi commerciali di media-grande dimensione. La richiesta riguarda un intervento residenziale a bassa densità che integri la dimensione collettiva dell’abitare a quella privata in un contesto di alta qualità ambientale.

L’intervento proposto riconosce nell’articolazione e differente caratterizzazione dello spazio aperto l’ambito in cui sollecitare la dimensione collettiva dell’abitare. In particolare individua in una serra climatizzante, attorno alla quale si raggruppano le unità abitative, il fulcro e cuore del progetto: un’estensione degli ambienti introversi della casa che si aprono alla condivisione di spazi e delle attività che è possibile praticare. Le caratteristiche della serra (climatizzazione e continuità visiva con la natura circostante) rendono possibile immaginare lo svolgimento di attività all’aperto (coltivazione, gioco, ecc.), in forma collettiva, anche in periodi dell’anno caratterizzati da condizioni climatiche avverse.

Le abitazioni sono distribuite sui due lati lunghi della serra la cui testata si aggancia da un lato su una piastra dura, spazio condiviso di pertinenza che limita al necessario lo spazio dell’automobile e che si connette con la viabilità secondaria, dall’altro a contatto con la foresta che cinge l’intervento. Su di essi vengono predisposte una serie di strutture che possono ospitare servizi dedicati principalmente agli abitanti del nuovo quartiere, ma allo stesso tempo disponibile per gli utenti provenienti dalle aree circostanti. Il complesso progettato punta ad un contenimento del consumo di suolo e dell’invasione dello spazio naturale, creando con esso una sinergia virtuosa.

– Ponte San Pietro (BG). Riusi industriali 2012. Concorso di idee per la riconversione di tre insediamenti industriali dismessi nella provincia di Bergamo, 2012

Obiettivo del concorso è la definizione di proposte progettuali sulla riconversione di siti industriali dismessi in cui la funzione produttiva conservi un ruolo caratterizzante. All’interno di questa iniziativa è stata elaborata una proposta per l’area Legler a Ponte San Pietro, posta a cerniera tra il sistema ecologico del fiume Brembo e lo spazio residenziale, caratterizzato da edifici mono e plurifamiliari.

La proposta progettuale elaborata, come immagine per raccontare la futura evoluzione del sito, pone l’“abitare lo spazio del lavoro” come tema centrale, capace di contenere la dimensione della fruizione dello spazio aperto, le dotazioni di spazio collettivo e di servizi e alcune funzioni di eccellenza a servizio della produzione e dell’abitare che siano in grado di attrarre utenze diversificate. L’intervento interpreta l’insediamento produttivo come un luogo che appartiene a Ponte San Pietro, creando la possibilità di aprirsi a utenze differenti con l’idea che l’area possa ibridarsi attraverso l’introduzione di funzioni di nuova creazione e aspetti differenti legati a criteri gestionali, distributivi, economici ma anche paesaggistici, ecologici ed energetici. Una sorta di “parco” regolato aperto a tutti e inserito in un disegno di paesaggio più ampio, che costituisce sia il telaio dello spazio costruito, sia l’elemento che dà forma allo spazio pubblico/fruibile. Il parco, ed il suo disegno sono il dispositivo fisico di governo nel lungo periodo del possibile avvicendarsi di attività ed usi dell’area, ma che nasce anche dall’esigenza di trasformare una necessità, quella di un sistema efficiente di trattamento e smaltimento delle acque, in una risorsa per il disegno dello spazio aperto che col suo declinarsi in modalità differenti delinea differenti parti e funzioni di tipo produttivo, terziario e dei servizi all’interno dell’area di progetto.

– Dietro Poggio, Calenzano (FI). Concorso di idee per la riqualificazione dell’area Dietro Poggio, 2012

Obiettivo del concorso è raccogliere proposte progettuali per uno “Schema preliminare di assetto territoriale” in grado di suggerire una conversione dell’area oggi prettamente produttiva e con forti fenomeni di dismissione con una proposta a prevalenza residenziale che mantenga anche una quota di produzione e commercio. La proposta progettuale individua un nuovo ruolo per l’area Dietro Poggio suggerendo il potenziamento del sistema ecologico del torrente Marina ed integrandosi con il sistema del Parco Agricolo di Travalle; a livello locale costruisce una forte relazione con l’abitato di Calenzano attraverso connessioni fisiche ciclo-pedonali e l’inserimento di spazi attrattivi per gli abitanti delle aree circostanti.

La prima operazione adottata per ottenere la riconnessione delle parti è stata la realizzazione di un anello ciclo-pedonale che dal percorso lungo il torrente Marina, già previsto, piega e circoscrive l’area di progetto. Un elemento capace di riconnettere l’area ai principali flussi della città e allo spazio aperto. Lungo l’anello si succedono e si articolano una varietà di luoghi per la collettività che sono pensati come strutturanti di un percorso che offre nuove ‘dotazioni’ di servizi che aspirano a divenire nuovi ‘nodi della socialità’.

Il progetto conformemente alle indicazioni del bando prevede nella riconversione dell’area una predominanza della funzione residenziale, mantiene alcuni ambiti di produzione che vengono riconfigurati di e introduce spazi del commercio concentrati a ridosso della Strada Provinciale n.8. Le parti si integrano in specifici punti, quelle dei servizi posti lungo l’anello ciclo pedonale, dispositivi capaci di attivare forme di scambio tra le diverse componenti dell’intervento (fig. 5). L’immagine dell’anello si configura come sfondo in grado di guidare le trasformazioni che si succederanno per fasi, di volta in volta a seconda delle risorse reperite dall’attuarsi delle trasformazioni stesse.

Un racconto per parole chiave

Se il contesto concorsuale non è probabilmente rappresentativo delle modalità in cui si danno le trasformazioni effettive della città, tuttavia le tre occasioni progettuali descritte sono significative per il campione di attori che rappresentano: da un lato un ente locale entro un grande concorso internazionale (Europan a Turku), dall’altro un’associazione di categoria (Confindustria Bergamo) attraverso un concorso che mette in gioco tre aree produttive dismesse (Ponte San Pietro), infine una amministrazione locale aperta ai processi partecipativi e scontenta della parziale trasformazione realizzata nell’area in oggetto (Dietro Poggio, Calenzano). Il contesto concorsuale sembra inoltre essere una dimensione che più di altre è indicata per sperimentare, nello specifico del tema qui trattato, la valenza e le forme che lo spazio aperto, in una accezione un po’ più ampia del termine ‘spazio pubblico’, può assumere.

Risorse. Confrontandosi con una condizione condivisa di incertezza dei tempi, della fattibilità e della gestione dei processi di trasformazione ed in particolar modo della quota che nelle trasformazioni è riservata allo spazio pubblico, è centrale, come prima mossa progettuale, l’individuazione selettiva e precisa delle risorse esistenti nel contesto prossimo. Si tratta di risorse di tipo spaziale, economico, delle reti di attori, delle politiche e dei progetti, ma anche delle risorse in termini di relazioni attivabili e di immaginari associati ai luoghi. Il progetto potrà avere una maggiore speranza di successo se riesce a coinvolgere e riorientare energie già presenti, reinterpretarle e declinarle senza snaturare il significato originario dei luoghi. Nel caso dell’intervento che inaugura la trasformazione di Dietro Poggio, si prevede come azione prioritaria la realizzazione di una parte della strada bianca, il primo tratto dell’anello ciclo-pedonale che circoscrive l’area. Questo permette di porre da subito in relazione tra loro, e ad una scala più vasta, i servizi e gli spazi pubblici esistenti di Calenzano e il parco agricolo. La ricucitura delle trame ciclo pedonali genera anche un effetto interno all’area di progetto: l’occasione è quella di aprire gli orti sociali, innescando una graduale apertura e permeabilità di tutta l’area. Le risorse per la realizzazione dell’anello non sono imputabili ad un nuovo intervento pubblico o privato, poiché derivano dalla messa a sistema di risorse e interventi già previsti dal Comune e dall’ente che sovraintende il Parco. L’effetto sarebbe invece quello di costruire un elemento spaziale di coerenza che dà una riconoscibilità alla trasformazione futura, inaugurando una nuova immagine dell’area. Dunque una risorsa economica (destinata alla realizzazione del percorso ciclo pedonale) connette l’area a risorse territoriali, urbane e dei servizi, innescando nuove pratiche d’uso, nuove relazioni e sinergie.

Problemi. Non solo le risorse sono essenziali alla costruzione del campo entro cui agisce il progetto, anche l’individuazione dei problemi è necessaria a definire la direzione della nostra azione. Dei contesti osserviamo anche la dimensione disfunzionale, totale o parziale, e integrandola a domande più esplicite, usiamo il progetto come un nuovo modo per guardare ai problemi entro una nuova formulazione degli stessi. In alcuni casi anzi è proprio nel trattare problemi dalla natura tecnica e concreta che emergono spazialità innovative. Una esemplificazione efficace è visibile nello spazio aperto centrale dell’area Legler immaginato come un grande giardino che è allo stesso tempo un dispositivo di trattamento delle acque di tutto il comparto produttivo. Anche la serra di Turku rappresenta un luogo intermedio che, oltre ad una funzione tecnica, allarga il ventaglio delle occasioni di vivibilità dello spazio in una particolare condizione di clima rigido.

Diaframma. L’esito di questo approccio è la costruzione di spazi dal carattere flessibile, capaci di misurare e declinare, a seconda dei contesti, differenti sfumature del rapporto tra dimensione pubblica e privata. In questo senso un particolare rilievo assume il diaframma che separa e unisce lo spazio privato e lo spazio pubblico, tradizionalmente intesi (Gehl, 2001). Non si tratta di un confine o di una soglia, anzi, a ben guardare, non si tratta di alcuna forma predeterminata. Più efficacemente si può parlare di una membrana, a volte dilatata, altre più serrata, a cui è assegnato il ruolo di costruire un rapporto chiaro, tuttavia ricco, tra le parti.
Si tratta di uno spazio racchiuso nel caso della serra a Turku che genera da un lato privacy per lo spazio delle residenze poiché le separa, dall’altro è giardino collettivo; di una linea a Calenzano lungo la quale si distribuiscono servizi e spazi che sono pubblici al centro e via via più privati avvicinandosi alle residenze; di sezioni-corridoi di spazio aperto profondi che danno accessibilità alle funzioni con gradi di apertura al pubblico diversi a Ponte S. Pietro.
Il disegno, o più precisamente, il progetto di suolo è così declinato secondo soluzioni formali differenziate che moltiplicano la spazialità dell’abitare e intensificano le occasioni di vita nello spazio aperto. A partire dall’interno dell’alloggio fino al suolo pubblico, incontriamo spazi di natura diversa, in cui con diversa intensità si è più o meno invitati all’uso e all’appropriazione.

Prossimità. Non solo i materiali di cui si compone lo spazio ma anche la definizione degli edifici e delle funzioni che vi si affacciano è decisiva nella costruzione delle condizioni di vita di uno spazio pubblico. I luoghi da noi immaginati accettano nuove caratterizzazioni proprio a partire dal concetto di prossimità ad altre funzioni, ad altri usi e presenze. Così, se il tema della mixitè delle funzioni è a diverse scale un carattere auspicabile e forse necessario all’innesco delle trasformazioni e al loro buon esito, è proprio nello spazio pubblico di prossimità che si possono collocare quei dispositivi intermedi che la realizzano.

Natura. Gli spazi aperti immaginati creano anche l’occasione per un più stretto rapporto tra uomo e natura: lo stesso ‘bosco collettivo’ su cui affacciano i gruppi di residenze di Turku, ma anche l’anello di Dietro Poggio lungo il quale oltre ai servizi collettivi si aggregano anche spazi aperti dalla natura domestica e spazi verdi di dimensioni maggiori. Come il bosco, che già per le sue caratteristiche intrinseche possiede il tratto dell’immersione nella natura, anche gli spazi aperti di Dietro Poggio permettono di godere di momenti di silenzio e riposo, praticare attività singole o collettive a contatto con la natura, non distante dai luoghi dell’abitare e del lavoro.

Riconoscibilità. Il bosco abitato, la serra, l’anello sono spazi aperti di prossimità, fortemente riconoscibili, a cui abbiamo dato in modo spontaneo un nome, a cui si associano specifiche prestazione e un’atmosfera. La riconoscibilità e con essa la relativa semplicità che caratterizza questi spazi ci sembra essere strategica e irrinunciabile. L’innesto di uno spazio pubblico di questa natura è utile a restituire un senso, oltre che un uso, agli elementi e alle parti tra cui si colloca. Questi dispositivi mettono infatti in tensione la dimensione simbolica e sensibile dello spazio (Lembi, Moro, 2010); ciò permette a nostro avviso che il progetto abbia una maggior presa rispetto agli attori coinvolti (Healey, 2007) in contesti in cui l’immaginario condiviso dei luoghi è spesso scarico o negativo. Il dettaglio tecnico ad esempio dell’esecuzione dell’anello ciclo-pedonale come una strada bianca di campagna a cui si accostano i filari di cipressi rappresenta un forte elemento di riconoscibilità e caratterizzazione di tutta la trasformazione. Nell’immaginario la sezione del percorso e i materiali di cui si compone, richiama un paesaggio agrario tradizionale caratterizzato dalla cura e dalla qualità spaziale dei manufatti. Un elemento molto semplice dal punto di vista della sua fattibilità economica, tuttavia estremamente significativo in termini di rifondazione dell’immagine della località Dietro Poggio, in particolare della sua percezione da parte degli abitanti, degli utenti del parco, dei potenziali investitori che potranno insediare nuove funzioni produttive.

Spazio ordinario. Sembra importante ancora una precisazione rispetto ai materiali che il progetto usa: si tratta di una selezione e ricomposizione di elementi non eccezionali, piuttosto legati alla dimensione dell’“ordinario” (Corboz, 1998; Merlini, 2010; Perec, 1994). Non abbiamo realizzato spazi di rappresentanza dal carattere magniloquente, è stata invece privilegiata l’abitabilità e qualità dello spazio (Armondi, 2011). L’ordinarietà è perciò un valore nel momento in cui il disegno dello spazio aperto si legge in continuità con il contesto circostante, attraverso l’integrazione con il paesaggio locale. D’altro canto, dal punto di vista della gestione degli spazi, la scelta di materiali semplici garantisce una più facile manutenzione. La cura è infatti un aspetto imprescindibile nel prefigurare uno spazio pubblico

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Tempo, fattibilità, rischio. Infine un’ultima considerazione riguarda la fattibilità dei progetti. Già si è detto della esigua presenza di risorse e della necessità di lavorare a ridosso della sostenibilità economica. Inoltre sarà strategico l’elaborazione di progetti entro una logica di condivisione dei rischi (Giannotti, Viganò, 2012) ambientali, economici, ecc., capaci di supportare trasformazioni dalle temporalità poco prevedibili che seguono i tempi dei potenziali fruitori, operatori e investitori i quali agiscono spesso in modo discontinuo e con fini e significati disomogenei. Lo strutturare la trasformazione dello spazio pubblico per fasi, compiute e auto sostenibili che realizzano spazi conclusi ma capaci di innescare ulteriori trasformazioni e nuove sinergie (Desvigne, 2009), è visibile nei casi esposti declinata come modularità nel caso di Turku e di Ponte San Pietro o componibilità dei suoi elementi nel caso di Turku.

Prossimità e distanze

Le forme articolate dello spazio pubblico, definite come spazi di prossimità, possono rappresentare una sperimentazione dell’adesione dei soggetti a tale idea di condivisione dei luoghi. Siamo consapevoli che sottotraccia tutti i progetti si ispirano ad una visione dell’abitare insieme, del senso civico e della cura dello spazio che l’accompagna, di un senso di appartenenza che ha seguito a partire dalle pratiche (Crosta, 2010) realizzate nei luoghi. Gli spazi, che anche nella scelta del tipo di atmosfera rappresentata veicolano questo concetto, sono al contempo dei dispositivi atti a soddisfare esigenze specifiche, di tipo funzionale o tecnico. Hanno una coerenza cioè a prescindere dal loro essere più o meno densamente popolati, dato che è totalmente incerta come risorsa l’appropriazione dei luoghi da parte degli abitanti. In questo modo ciò che questi spazi realizzano sono le condizioni perché tutto un insieme di usi sia possibile, a discapito di altri invece esclusi.
Il grado di condivisione nello spazio con altri soggetti e popolazioni (Pasqui, 2008) è evidentemente demandato agli individui che ritrovano tuttavia molteplici condizioni dello stare dentro allo spazio, isolati o partecipi.

 

Bibliografia

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Sitografia

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Presentazione e materiali del progetto di realizzazione di spazi pubblici nell’area industriale nord di Zurigo Parklandschaft Zentrum Zurich Nord, disponibile su Public Space, sezione “Archive”. http://www.publicspace.org/en/works/b006-parklandschaft-zentrum-zurich-nord
Bando e materiali del concorso Riusi industriali 2012. Concorso di idee per la riconversione di tre insediamenti industriali dismessi nella provincia di Bergamo http://www.riusindustriali2012.it.